Gabrielle Bonheur Chanel.
E questo è solo il primo degli innumerevoli scherzi che la vita mi ha giocato.
Nel posto da cui vengo Bonheur vuol dire Felicità; proprio io che ho sempre lottato per esserlo e, invece, sono riuscita ad essere innamorata, idolatrata perfino ma "Felice" sempre e solo di nome.
Sono francese ma non la parigina che vi aspettereste: sono nata a Saumur, il 19 agosto, sotto il segno del Leone.
Maman è morta di tubercolosi quando ero solo una bambina e Papa, un venditore ambulante, ha preferito consegnarmi alle cure delle suore del Sacro Cuore.
L'ho aspettato tutte le domeniche fino ai miei diciotto anni; forse è per questo che detesto il giorno del Signore, in Rue Cambon non mi fanno nemmeno lavorare!
Di papà ho pochissimi ricordi ma l'immagine di lui che mi si avvicina alla testolina è ancora chiara nella mia mente: io speravo in un bacio mentre lui voleva solo controllare che mi fossi lavata i capelli.
Detestava ogni tipo di odore e allora io ho creato Il Profumo più spruzzato della storia.
Le suore mi volevano bene, mi hanno cresciuta a preghiere e puntaspilli; quando sono diventata troppo grande per restare sono diventata una sartina: imbastivo orli di giorno e cantavo nei café chantant di notte.
E' lì, tra il fumo di sigaretta e acque di colonia, che sono rinata Coco.
<Qui qu'a - Qui qu'a vu Coco?>
Cantavo di un cagnolino perso al Trocadéro, ho intonato quel ritornello talmente tante volte da confondermi con lui e, come lui, neanche io mi sono mai ritrovata.
Balzan ha provato a cercarmi per un po'.
Ho conosciuto Etienne una sera al Café, ai miei occhi di enfant fatale - bambina fatale - lui era brutto, vecchio, ricco ma anche tenero e protettivo.
Mi sono trasferita nella sua tenuta vicino Parigi appena ne ho avuto occasione: lì ho imparato a cavalcare, a divorare libri (non ho ancora smesso e ho il vezzo di farli rilegare col mio logo a doppia C), a confezionare cappelli liberi da piume e fralalà per le sue amanti e, soprattutto, ho conosciuto l'Amore.
Dovevo capirlo subito che era il destino a mettermi di nuovo alla prova e che mi guardava con un ghigno mentre stringevo la mano di Arthur. Non ho mai voluto crescere, sono rimasta la bambina dell'Orfanotrofio anche quando vestivo le Dive di Hollywood e mi sono innamorata di un inglese arricchitosi col carbone che tutti chiamavano "Boy" - Ragazzo.
Il mio Ragazzo era bello, colto, generoso e sposato.
Grazie a lui ho visto il mare, ho aperto la prima boutique a Deauville, ho fatto l'amante, ho perso un figlio e ho pianto.
Un incidente d'auto me l'ha portato via e niente è stato più lo stesso.
Dopo di lui c'ho provato: magnati russi; musicisti come Stravinskij; artisti come Dalì; ho intrattenuto relazioni con donne; sono quasi riuscita a sposarmi con Iribe, morto anche lui (povero Paul!) ma l'amore, dopo Boy, è sempre stato solo con la a minuscola.
Abbiamo continuato a parlare però, mi manda dei messaggi attraverso i miei amici sensitivi: a casa, nella vita che ho chiamato "La Pausa", organizzo sedute per sentirlo vicino.
Non può essere che lui perché mi dice cose che solo noi sapevamo.
Quando il dolore è troppo e non lo riesco a sopportare mi butto a capofitto nelle siringhe di morfina e nel lavoro: senza Amore posso sopravvivere, senza Lavoro no!
Ho aperto altre boutiques, la vendita del Profumo è inarrestabile, lo faccio spruzzare ovunque: nei camerini, sui fazzoletti, alle commesse, tutto quello che mi riguarda deve lasciare la scia N 5.
Cinque come il numero del bouquet che ho scelto per profumare tutte, perfino Marilyn, sfortunata in amore e copiata come me.
Mi taglio i capelli e tutte si tagliano i capelli, indosso i bijoux e tutte ripongono i diamanti.
Sono sopravvissuta a due Guerre, alla Spagnola, agli scioperi dei miei dipendenti. Ho chiuso i negozi più di una volta. Sono stata esiliata in Svizzera perché pensavano fossi una spia - Idiots! ma non ho mai smesso di creare e, a settant'anni, sono tornata a liberare le Donne ancora una volta da quelle orribili gonne a campana che tanto piacciono al signor Dior!
Mi chiamo Gabrielle Coco Chanel.
Ma voi chiamatemi Mademoiselle.
Ho chiuso gli occhi per l'ultima volta a ottantotto anni in un freddo giorno di gennaio - ovviamente domenica!
ma vivo ancora nei vostri pantaloni - è grazie a me se li indossate!
nelle gocce del mio profumo,
nei tubini neri,
nei rossetti rossi- non uscite mai senza!
nelle perle finte - perché i gioielli servono a farvi sembrare più belle non più ricche!
nelle T-shirts a righe - ricordo dei marinai che ho visto con Arthur per la prima volta,
nei bottoni dorati con i leoni - il mio segno zodiacale e il simbolo di Venezia, la mia città preferita
e nei rombi delle 2.55 che, lo so, sono le BORSE dei vostri sogni realizzati o da realizzare!
Lavorate sodo, aprite a calci le porte se le trovate chiuse, pretendete l'Amore e non stancatevi di provarci, siate elegantemente libere e, se vi capiterà di soffrire, fatelo sempre con stile.